Alfa 75: Storia di Stile, Storia di un designer
Un’auto come “scusa” per parlare di Ermanno Cressoni, un grande designer italiano: l’Alfa 75.
Di fatto, è la versione moderna della Giulietta, ma con un carattere estetico diverso. Una vicenda tecnica e umana di altissimo livello, riassunta perfettamente dalla bella vettura di Arese


Provate. Prendete Due belle foto della fiancata di una Giulietta e di una 75 e coprite con le manine le parti anteriori e posteriori salvando l’abitacolo. Vi apparirà la stessa identica vettura nel “giro porta”: la scocca della 75 è quella della sua progenitrice. Altri tempi e altri uomini, forse anche altre follie. Quando, per lanciare un nuovo modello, si doveva riutilizzare quello che si aveva in casa. Sembrerebbe un discorso economico, ma non lo è (questa, però, è un’altra storia).
Per caso, ho trovato in un commento di un forum datato 2007, una definizione ovviamente ironica della 75: “Una Giulietta che ha subito un po’ di flessibile e saldata a mano dall’A-team”. Coraggio folle dell’IRI (all’epoca proprietaria dell’Alfa Romeo), che però aveva la fortuna sfacciata di contare su grandi persone. Questa è la grande magia che ha fatto uno dei più grandi designer italiani, l’architetto Ermanno Cressoni.
Nato a Milano 22 luglio 1939, rimasto milanese fino al 30 giugno 2005. Un nome che ai più non dice molto: la sua opera è conosciuta solo dai fineur del mondo dell’automobile, quelli che sanno cosa abbia fatto. A non giovare alla sua popolarità era anche il suo carattere definito da qualcuno schivo, perché probabilmente (e giustamente) a lui importava parlare poco e fare – e firmare – belle auto.
Anche se Enrico Fumia, “padre” della 164, lo definisce come un’ottima persona, un grande professionista, con un bellissimo carattere”. Altri tempi e altre vetture, quando per mancanza di spazio i Due si trovano a condividere l’ufficio. A dare ulteriori note è la figlia di Cressoni: “Mio padre amava la Storia e l’Arte. Soprattutto Michelangelo e Leonardo. Ricordo che mi prendeva in braccio e sfogliava i ‘maestri del colore’, fascicoli sulla storia dell’arte. Io memorizzavo tutto e, quando andavo all’asilo, le suore rimanevano esterrefatte dalla mia competenza nell’Arte. Era appassionato di pittura e dipingeva quadri astratti. Disegnava però anche volti senza ritrarre nessun soggetto. Rammento che avrebbe voluto studiare Medicina, diventando chirurgo maxillo facciale. Lo affascinava l’idea di ricostruire volti, ecco perché li disegnava. Era appassionato di auto, da giovane si divertiva a truccare la 500. Nel design ci è finito perché terminata l’università aveva partecipato ad un concorso per disegnare la maniglia di un frigorifero. In seguito a questo ci fu una chiamata da Alfa Romeo”. Nota di colore: curiosamente, anni dopo, il freno a mano della 75 è una sorta di maniglia, da lui brevettata. Tra i ricordi della figlia, anche l’utilizzo dei prototipi delle vetture sulle quali aveva lavorato: “Andavamo in giro sia con la 75 sia con la 33. Le parcheggiavano sotto casa per vedere le reazioni della gente, poi guardava dalla finestra la gente che si fermava a vederle”.

Anni luce rispetto ai designer a capo dei centri attuali, che sembra disegnino più chiacchere che vetture (senza mettere mai la firma su un bozzetto). Entrato al Centro Stile Alfa Romeo nel 1965 appena laureato, Cressoni ne è diventato capo nel 1975, nel dipartimento che nel 1981 venne chiamato solo “Stile”. Un barbuto che agiva di spada ma anche di fioretto, quando si doveva interpretare lo stile Alfa Romeo. Cosa che ha fatto in modo eccelso, con linee decise e volitive, nella sua opera più famosa: la Giulietta del 1977, poi reinterpreta dal Centro Stile, sotto la sua supervisione, nei primi anni ‘80 con la 75, lanciata in occasione dei 75 anni dell’Alfa Romeo, nel 1985.

Nel volume “Wolfang Egger”, edito da Automobilia, si dice che “Cressoni avviò una ricerca con l’obiettivo di identificare i tratti che rendessero un’Alfa Romeo inconfondibile, insistendo sull’importante obiettivo di consolidare una precisa e costante alfaromeizzazione dello stile”, visibile nella seconda serie della Giulietta”. Altre fonti (libro “La vendetta dell’Alfa Romeo”, di Daniele Pellegrini) parlano della sua ricerca di una “modernità razionale, basata su quella che veniva chiamata linea delle esigenze’”.
Un uomo ri-evocato con successo in quella che ritengo, utilizzando una metafora, la miglior seduta spiritica mai fatta per evocare i belli spiriti che hanno fatto la storia dell’ Alfa Romeo: la mostra “100×100 Alfa Romeo“, organizzata nel 2010 dal club CMAE, dall’Alfa Blue Team (fondato da un altro alfista doc: Gippo Salvetti) e da Ruoteclassiche. Lì, grazie a molti disegni e piccole conferenze, venne fuori l’essenza di questo celebre Marchio.

Penso che ogni degno proprietario della 75 dovrebbe mettere un bell’adesivo con su scritto “Disegno del Centro Stile Alfa Romeo, supervisione di di Ermanno Cressoni” (e presto sarà disponibile nel nostro shop, NDR), perché è giusto, sacrosanto e bello collegare nome e disegnatore, per le vetture dove il padre sia certo e singolo. Oppure, lasciare “dire” alla vettura da quale ristrettissimo gruppo di persone sia stata disegnata, cosa praticamente impossibile dalla fine degli anni ‘90 in poi, quando i centri stile di ogni casa non hanno prodotto vetture ma un mix di oggetti-creature patchwork-Frankenstein, frutto del lavoro di tanti designer che non hanno mai avuto il piacere di “firmare” una vettura (Enrico Fumia ne sa qualcosa, avendo firmato i suoi progetti).
A prendersi il merito di questi frullati è generalmente colui posto a capo del centro stile, che in realtà coordina tanta gente. Così, magari, la gente un po’ leggera o poco appassionata pensa che quella specifica vettura sia stata disegnata da lui, ma non è così.
Con la 75, si chiude temporaneamente ma lungamente, come molti sanno, anche un’epoca tecnica per l’Alfa Romeo: quella della trazione posteriore abbinata al motore anteriore longitudinale e alla soluzione transaxle (cambio in blocco col differenziale) utile per distribuire meglio i pesi della vettura. In parole povere e in pratica: gli stessi organi di trasmissione e il sistema di sospensioni posteriore dell’Alfetta del 1972.
Per ritrovare alcune di queste caratteristiche bisognerà attendere l’attuale Giulia, presentata nell’ormai lontano 2015, in occasione dei 105 anni dalla data di fondazione dell’Alfa Romeo, Tre decenni dopo l’uscita della 75.

Ringraziamenti e note: grazie a Elvira Ruocco, che ha “in testa” tutta l’Alfa Romeo. Recentemente è stata insignita della “Stella al merito del lavoro”. Questo il messaggio di Lorenzo Ardizio, curatore del Museo Alfa Romeo: “La struttura impostata e gestita dalla Signora Ruocco costituisce ancora la base dell’attuale organizzazione del Centro Documentazione”. Suggerimento ai responsabili del museo Alfa Romeo: intervistatela ogni volta che potete, le sue testimonianze sono uniche. Ai lettori dico: seguitela sulla pagina FB, vi regalerà ogni giorno storie eccezionali e inedite sull’Alfa Romeo. Foto: Centro Documentazione Alfa Romeo – Arese; FCA Press.
Filippo Zanoni / Torino, 26 gennaio 2021